Amanti del fantasy,
questo pomeriggio mi rivolgo a voi per proporvi la segnalazione di un romanzo self molto particolare: Bracbah: il ritorno dei demoni, di Daniele Donisi, ed il suo seguito vedrà la luce a gennaio.
questo pomeriggio mi rivolgo a voi per proporvi la segnalazione di un romanzo self molto particolare: Bracbah: il ritorno dei demoni, di Daniele Donisi, ed il suo seguito vedrà la luce a gennaio.
Danyĕħl è un giovane ragazzo che vive con la sua famiglia in una “casa” albero gigante, nei pressi del villaggio di Lifetown nelle terre del regno di Castleshlie. Nel mondo Bracbah nessun umano è come lui, nemmeno la sua famiglia: occhi verdi, orecchie appuntite, capelli neri. Con suo padre lavora le terre del re, come un umile contadino, quando improvvisamente la sua vita cambiò. Tutto ebbe inizio durante i giorni dell’Anello di Luce, nel momento in cui incontrò una veggente e il suo spirito, i quali gli svelarono il suo destino: salvare tutte le creature di Bracbah da un nuovo ritorno dei demoni. Spinto dal suo buon cuore e dalla consapevolezza di essere il prescelto degli spiriti, Danyĕħl intraprese un lungo viaggio per salvare una vita, ma questa scelta lo porterà a scontrarsi con nuovi nemici e a seguire la sete di vendetta, tralasciando il suo destino e i suoi affetti. Nel frattempo, le città vengono assediate dai demoni e comincia una lunga la battaglia con gli uomini del re Kâħel e il leone magico Ålehx. Quando tutto ormai sembra perduto per il popolo di Castleshlie, Danyĕħl arriverà in loro aiuto compiendo, in parte, il suo destino.
Titolo: Bracbah: il ritorno dei demoni
Autore: Daniele Donisi
Casa editrice: Self-publishing con Amazon KDP
Pagine: 339
Prezzo: 0.99 € (ebook, gratis per KindleUnlimited)
Link Facebook https://www.facebook.com/Bracbah
Twitter https://twitter.com/DanieleDonisi
Instagram https://www.instagram.com/danieledonisi
Autore: Daniele Donisi
Casa editrice: Self-publishing con Amazon KDP
Pagine: 339
Prezzo: 0.99 € (ebook, gratis per KindleUnlimited)
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Autore
Mi chiamo Daniele Donisi, sono nato a Napoli nel 1982. Dopo aver conseguito il diploma di Perito Tecnico Industriale Informatico, ho deciso di frequentare la facoltà di Ingegneria Informatica, ma non potendo continuare gli studi, nel 2006 ho iniziato a lavorare e proprio in questo periodo, ho deciso di iniziare a scrivere la mia saga Fantasy che da sempre avevo in mente o nel cassetto, come si usa dire. Finito il primo libro non ho voluto attendere che il termine della saga così ho scelto di pubblicare l’ebook con il self publishing di Amazon KDP. Ho scelto questa strada perché ci sono molto vantaggi per lo scrittore (abbreviazione dei tempi di pubblicazione, meno costi di produzione e aggiornamento continuo, pieni poteri decisionali sulle royalties e sul prezzo di copertina, autonomia creativa e produttiva, avere un pubblico più vasto anche di altri paesi) e per il lettore che può avere un libro a basso costo e ogni utilizzabile su ogni device.
Tornando a me e abbandonando momentaneamente la mia saga fantasy, mi considero una persona sensibile, intelligente, sempre pronta a sperimentare e conoscere. Mi considero una persona sensibile, intelligente, simpatica e sempre pronta a sperimentare e conoscere. Per quel che riguarda i miei gusti, amo molto i mattoncini LEGO e quando posso ne compro delle scatole per collezionarli; ascolto molto la musica, specialmente rock e pop (tra cui il Liga, U2, Linking Park, Coldplay); leggere e infine mi piace molto il cinema fantasy e di fantascienza.
Eccovi qualche estratto
1
Uno strano spirito
Il bibliotecario
Come ogni mattino, l’anziano bibliotecario di New Olyum
si svegliò presto, abbandonando il tepore del letto per vestirsi nella fredda e
umida aria mattutina. Era sua consuetudine alzarsi di buon ora e dirigersi
quietamente nei sotterranei del palazzo della biblioteca, vicino alle antiche
fondamenta della vecchia biblioteca, per il solito giro di controllo. Lì erano
custoditi, sotto strati di polvere, dei tomi e delle pergamene preziose e solo
poche persone avevano il permesso di accedervi, oltre alla famiglia reale.
Come tutti i giorni, regnava un silenzio irreale nella
costruzione, finché l’anziano non udì un rumore sospetto.
«Chi sei? Cosa credi di fare qui?» gridò forte, con l’eco
della sua voce che si espandeva in ogni direzione.
Non avendo ricevuto alcuna risposta rimase in silenzio.
Nel frattempo, circondata da scaffali ripieni di alcuni
ninnoli, tre o quattro libri e alcuni rari fiaschi di vino elfico, quella voce
invisibile sembrò a Tala un’entità spirituale senza un’apparenza di visibilità.
La fanciulla fece qualche passo in avanti e con la poca luce che emanava la
candela scrutò attraverso gli scaffali senza però riuscire a distinguere colui
che l’aveva sorpresa in quel luogo segreto e proibito.
«Ti sei sciolta dalla paura? Guarda che ti vedo…» le
disse l’anziano.
Tala rimase in silenzio per qualche istante, era
spaventata e indecisa: non sapeva se scappare o rispondere.
«Sono qui! Non ti vedo, dove sei…»
«Sono nello scaffale accanto al tuo…»
«Ma chi sei? Perché mi hai spaventato in questo modo?»
Poco dopo, il bibliotecario sbucò dal buio con una
candela più grande. Era un uomo di bassa statura, molto esile e dall’aria
appassita. Sul volto erano visibili i segni del tempo, molte rughe e una lunga
barba grigia quasi sfiorava il pavimento.
«Ragazzina, non hai il permesso di venire qui!» disse
puntandole contro un dito tutto piegato dall’artrosi, «Ma lo sai che hai dei
bellissimi occhi verdi? Mi ricordi un amico…» continuò, avvicinando la candela
al suo viso.
«Da lontano, nella sala principale, ho visto una piccola
porta e sono entrata. Voglio conoscere le antiche leggende di Bracbah.» ribatté
Tala.
La paura le era quasi passata; cominciava ad essere
impaziente, voleva leggere quelle storie a tutti i costi.
Il silenzio calò improvvisamente per alcuni lunghissimi
istanti, poi il bibliotecario disse: «Allora, ragazzina sapientona, come ti
chiami?»
«Mi chiamo Tala. Dove sono i libri segreti?»
«Vai così di fretta? Grazie per aver chiesto il mio
nome!» disse contrariato, poi s’incamminò verso un’altra stanza.
“Che impertinenza,
più ci penso e più mi ricorda qualcuno” rifletté tra sé e sé.
«Ora dove vai?»
«Alla tua domanda rispondere non è facile come vorresti.
Forse il modo migliore è rivolgerti a mia volta alcune domande. Conosci le
leggende dei prescelti?»
Una pausa.
«Conosci il ritorno dei demoni?»
Udendo quelle parole Tala s’irrigidì. Quelle parole erano
sinonimo di tutte le cose orribili della vita, reali e immaginarie, erano usate
per spaventare i bambini e suscitavano immagini di spettri e troll, fantasmi e
morte. Tala lo guardò e annuì lentamente. L’anziano si concesse una pausa prima
di proseguire.
«Mi chiamo Ahsdì e come sai sono il bibliotecario. E
forse sono quello che più ha viaggiato, poiché nessuno della mia famiglia si è
spinto oltre le Terre ferme di Bracbah.» poi di scatto si fermò e si voltò
indietro, «Ragazzina, ancora lì? Vuoi sfamare la tua sete di sapere oppure vuoi
restare al buio?» disse Ahsdì, mentre le tendeva la mano invitandola a
seguirlo, «Dai, seguimi, ma devi promettere che ciò che vedrai e sentirai non
uscirà mai da questo luogo. D’accordo?»
Lei annuì e gli corse dietro: «D’accordo.»
Ahsdì precedeva di qualche passo Tala; proseguirono nel
buio lungo il corridoio, finché non arrivarono in fondo ed entrarono in uno
stanzino. Il bibliotecario si accostò a una parete, toccò dei meccanismi
nascosti, si sentirono scattare delle molle. Dopo qualche istante la parete
iniziò a spostarsi: si allontanava da loro e mostrava sulla destra una piccola
porta che dava in un altro ambiente. Un momento dopo, Ahsdì accese altre
candele che illuminarono sufficientemente quella piccola stanza. Sembrava molto
antica. L’aria sapeva di chiuso e di muffa, ma era respirabile, il pavimento
era composto da travi di legno, ammuffite dal tempo, che scricchiolavano ad
ogni loro passo, ma le pareti e il soffitto erano in pietra dura, liscia e non
lavorata. C’erano polvere e ragnatele ovunque.
Tala subito si sedette comodamente su una sedia vicino ad
un vecchio tavolo di legno, anch’esso ammuffito, mentre l’anziano bibliotecario
scomparve per qualche istante nella zona buia della stanza. Si udì un leggero
stridere di chiavi, poi ricomparve con uno strano libro. Era molto grosso e
consumato, la rilegatura era fatta a mano con corde di cuoio.
«Ecco il libro!» disse appoggiandolo delicatamente sul
tavolo, «Ogni istante ed ogni particolare delle leggende di Bracbah che tu
vorrai sapere sono in questo libro. Sono i miei appunti.»
«Come fai a sapere ogni particolare delle leggende, se tu
non c’eri?»
«Chi ti dice che io non c’ero!? Ora ascolta, ti leggerò
la mia leggenda preferita.»
Si sedette accanto alla ragazza e sistemò al meglio le
candele così da riuscire a leggere.
«Cominciamo.» disse Ahsdì schiarendosi la voce e
attirando l’attenzione della ragazza, prima di iniziare a leggere, «La leggenda
che sto per raccontarti prende avvio da una storia molto lontana nel tempo,
quando gli spiriti di Bracbah decisero che era giunto il momento di far nascere
un nuovo prescelto. Erano passati circa mille anni dalla grande fuga degli umani
dall’isola di Rohat verso le terre ferme; tempo in cui l’ultimo prescelto
decise di sacrificare la sua vita per il bene di tutti gli esseri viventi. Le
Terre ferme di Bracbah erano caratterizzate dalla presenza di tre razze: gli
elfi, i giganti e i nani; ogni villaggio aveva le proprie caratteristiche ed
erano in armonia tra loro, non avevano confini, non avevano rivalità o
sentimenti d’odio, non avevano sete di potere e non usavano mai la magia…»
«Ehm… il prescelto?» domandò improvvisamente.
Ahsdì la guardò e chinò il capo. La sua voce si spense e
rimase in silenzio per qualche istante fissando il suo libro.
«Con calma, dammi il tempo…» le disse con una smorfia
d’irritazione.
Tala scosse la testa e sbuffò: «Conosco già la storia
delle vecchie terre. Non puoi andare più avanti?»
Ahsdì le lanciò un’altra occhiataccia che lasciava
intendere come interruzioni e commenti non fossero graditi.
«Bracbah ha una sorta di maledizione: ogni mille anni c’è
sempre il rischio di una catastrofe che possa portare il pianeta a
distruggersi. L’equilibrio tra bene e male si era rotto: il male reclamava e
pretendeva la sua parte, tuttavia gli spiriti si erano già preparati scegliendo
il proprio guerriero per riportare l’equilibrio. Alcuni lo chiamavano l’eletto,
altri il prescelto. Era un umano dalle caratteristiche uniche: aveva le
orecchie leggermente a punta e gli occhi verdi lucenti, che riflettevano la sua
bontà e il fuoco della vita.»
«Ottimo, è la leggenda che volevo ascoltare!»
«Tala… shhh, ma come sei impaziente… hai da fare?»
«Ops… perdonami.» rispose la ragazza, portandosi le mani
sulle labbra come segno che sarebbe rimasta in silenzio.
«L’ultimo giorno in cui ho visto il prescelto è stato
quando venne da me per trovare una risposta al suo futuro e in cambio mi diede
delle mappe di alcuni villaggi dove avrei potuto trovare qualcosa di unico da
mettere nei miei scaffali.»
«Aspetta… aspetta… hai detto che l’hai conosciuto? Ma
come hai fatto! E poi tu sei vecchio!» disse Tala, strattonando il braccio ad
Ahsdì.
«Grazie per il vecchietto. Sempre molto gentile.»
ironizzò il bibliotecario, «Non sempre quello che vedi è la realtà. Ricorda, a
volte l’apparenza inganna. E anche le maledizioni…» disse con un lungo sospiro,
«Ora posso continuare a leggere?!»
Tala fece cenno di sì con la testa, e Ahsdì dopo un
colpetto di tosse riprese il suo racconto.
«Tutto ebbe inizio per qualche strano caso, una mattina…»
La giornata si prospettava particolarmente clemente:
l’erba e le foglie degli alberi erano di un verde vivido e il loro profumo
riempiva la casa. Mentre si preparava, Danyĕħl si godeva il vento mattutino che
entrava dalla finestra e che proveniva dal mare. Appena fu pronto, corse giù in
cucina, mangiò velocemente una scodella di pappa d’avena per colazione, poi
uscì da casa e s’incamminò verso Castleshlie, dove si eseguivano i preparativi
per il leggendario rito dell’anello di luce.
Il sole aveva già iniziato il suo percorso, ben presto
Danyĕħl si lasciò alle spalle la sua casa e gli edifici di Lifetown
attraversando a passo svelto la via che divideva la campagna. Da un lato verdi
campi arati, dall’altro terre a riposo utilizzate per i pascoli degli animali.
La strada si distendeva diritta e tranquilla, senza possibilità di perdersi.
Mentre avanzava tra l’erba e le pozzanghere, nella lieve foschia mattutina che
rendeva meno calda la passeggiata, Danyĕħl si accorse che nell’aria c’era un
profumo particolare di lamponi e dei campi di grano appena falciati che
imbiondivano al sole. Inspirò a fondo più volte, per essere sicuro di quei
profumi. Al primo impatto quella sensazione gli sembrò alquanto strana, perché
non era periodo per quelle fragranze, ma poco dopo non ci fece più caso, la sua
mente era già in altro mondo: l’idea di incontrare nuova gente, maghi e
stregoni gli avevano catturato la mente rendendolo felice. Il resto del cammino
fu tranquillo e in poche ore arrivò alla fine dei campi.
Si fermò in mezzo alla strada e vide in lontananza le
palizzate di legno che delimitavano la via d’ingresso a Castleshlie, subito
dietro le maestose mura di cinta. Già al primo sguardo si notava che le mura
erano ricoperte dai vessilli reali e da grandi bandiere. Si passò la mano sul
viso, era esausto e i morsi della fame si stavano facendo sentire, così
affrettò il passo, voleva raggiungere il prima possibile gli altri forestieri
che stavano attraversando il ponte levatoio. Mentre camminava, la sua attenzione
fu catturata da una strana ombra, troppo piccola per essere il riflesso di un
uomo. Si concentrò più attentamente, mise le mani vicino agli occhi e intuì
subito che c’era uno spirito che stava volteggiando attorno al ponte levatoio.
Lo guardava fisso negli occhi, come se lo stesse aspettando per accoglierlo.
Quella stranissima situazione lo incuriosì molto e cercò di avvicinarsi il
prima possibile, tuttavia non fece in tempo: appena si avvicinò al ponte lo
spirito si disperse tra la folla. Con un’espressione perplessa, Danyĕħl pensò
tra sé e sé che la stanchezza e la fame gli avessero giocato un brutto scherzo.
Si piegò sulle ginocchia, prese un po’ di fiato e, quando recuperò le energie,
iniziò anche lui ad attraversare il ponte.
L’emozione era tanta, si sentiva in soggezione. Il varco
era enorme e il ponte era diviso in due parti: una grande per far passare le
carrozze, gli animali e i giganti, e una piccola per far passare gli uomini.
Agli estremi c’erano tre grosse catene di ferro che servivano per far alzare il
ponte di notte o in caso di pericolo. Sotto il ponte c’era un profondo solcato
pieno d’acqua che veniva riempito da un canale sotterraneo proveniente dal
fiume Gizur. Mentre il varco era diviso in due sezioni tramite enormi
cancellate spesse tre palmi di mano. Danyĕħl guardava il tutto con gli occhi
stupiti da queste maestosità.
«Ehi, contadino, muoviti, non ti fermare!» gridò una
guardia al cancello.
A quelle urla, Danyĕħl ebbe un sobbalzo e riprese a
camminare.
All’interno delle mura, la città era un labirinto di
costruzioni che si snodavano in strade tortuose bordate di alberi, strane vie
serpeggianti e vicoli talmente stretti da impedire il passaggio a due uomini
accostati. C’erano magazzini, granai e stalle per gli animali; case di pietra,
locande di legno, mercati e taverne. Al centro della città, su una zona
rialzata, si alzavano le mura annerite del castello del re Kâħel, una
mastodontica struttura che era protetta da due torri di avvistamento
altrettanto alte. Anche su queste mura sventolavano vessilli e bandiere della
casata reale.
Le vie erano affollatissime di persone, di creature
magiche e di ragazzini che correvano e giocavano. Ovunque c’era confusione,
tanta da far girare la testa. Nell’aria risuonavano grida, risate, voci e
clamori; erano udibili fino a grande distanza. I maghi e gli stregoni avevano
posto le loro tende e i loro banchetti al centro delle strade più grandi.
Danyĕħl si guardò intorno, le bancarelle erano ovunque. Vide in lontananza, due
ragazzini aiutare una vecchietta a montare il suo banchetto, e quando si
avvicinò percepì i dolci e seducenti profumi delle mele di zucchero e dei
biscotti caldi fatti in casa. Gli venne un sorriso compiaciuto sulle labbra. Di
fianco a lui passarono una decina di servi che trasportavano lunghi rotoli di
raffinati tessuti di lana di una dozzina di colori vividi. Sul lato opposto
della strada, un grasso armaiolo stava tirando sul prezzo con un viaggiatore,
sicuramente inesperto per dei pettorali d’armatura lavorati con l’argento.
Esponeva anche elaborati elmi con la forma di bizzarri animali. Non molto
lontano da dove si trovava, c’era una giovane e seducente donna che vendeva ori
pregiati: anelli, cinturini, medaglioni. Al suo fianco stava seduto in un
angolo un uomo bruto, sicuramente il marito, che restava in rigoroso silenzio
ma con uno sguardo minaccioso. Si notava che stava sudando parecchio dalle
macchie che erano comparse sul suo vestito vellutato.
Nel suo giro tra le vie, Danyĕħl osservava tutto quello
che c’era intorno a sé con grande esaltazione, per lui tutto era una nuova
scoperta; il mercato di Lifetown era certamente meno chiassoso e molto più
tranquillo. Trovò anche molti soldati del Re che si aggiravano per le strade e
per le bancarelle del mercato, garantendo la sicurezza, con elmetti di rame e
tuniche verdi e gialle imbottite e lunghe fino alla coscia e con foderi delle
spade lunghe che pendevano dalle cinture fino a sfiorare il terreno.
Aveva bisogno di una pausa, era stanco, decise quindi di
cambiare zona della città e di trovare un posto in cui riposare. Sostò per un
po’ di tempo seduto su di un mucchio di pietre vicino al muro di una casa nella
zona dei maghi e dei vecchi sciamani. Erano esperti di peyote, di infusioni di
erbe e di altre sostanze allucinogene, preparavano polveri e pozioni magiche
per attrarre forestieri e passanti per vendergliele.
Quando si sentì riposato, incuriosito dalle loro arti
magiche, si avvicinò alle tende ed iniziò a gironzolare. Improvvisamente fu
attirato da alcuni odori forti, alzò il naso verso il cielo, annusò
intensamente e seguì l’odore di quelle erbe magiche e delle candele fino
all’ingresso di una tenda nera e buia. Vi entrò. Erano accese solo due o tre
piccole candele e la bruja massaggiava con gesti arcaici il corpo di uno
straniero malato con erbe infuocate, mentre pregava gli spiriti e bruciava erba
su un braciere, invocando la magia delle piante, del cielo, delle acque e del
fuoco. Dopo aver passato le erbe bruciate sul corpo, con movimenti rapidi e
circolari, si fermò e aspettò il risultato del trattamento. Lo straniero era
guarito.
Danyĕħl scrutò il tutto, compiaciuto e stupefatto, ma per
qualche instante si sentì scrutato e decise di uscire fuori dalla tenda. Si
guardò intorno, e non molto lontano da dove si trovava, c’era di nuovo quello
strano spirito che aveva visto qualche ora prima. Cercò di andargli incontro,
ma uno stregone lo afferrò per un braccio e lo trascinò alla sua bancarella.
«Compra qualcosa da me… ti farò diventare potente… ti
farò diventare forte… dai, compra da me, straniero…» gli disse in continuazione.
Ma quando riuscì a liberarsi dalla presa del mercante, fu
troppo tardi: ormai aveva perso di vista lo spirito.
Molto seccato, Danyĕħl proseguì lentamente la sua
passeggiata. Per rintracciare lo spirito, decise di entrare in un’altra tenda
fingendo di comprare qualche pozione e qualche amuleto, mentre con la coda
dell’occhio cercava di capire se lo spirito lo stava seguendo di nuovo.
All’improvviso ebbe nuovamente quella strana sensazione di essere osservato.
Con molta tranquillità si allontanò dalla tenda, si mischiò tra i passanti e
gli andò incontro.
Quando gli fu vicino gridò ad alta voce cercando di
attrarre la sua attenzione: «Ehi, Spirito! Ti voglio solo parlare! Ti prego!»
Lo spirito, colto di sorpresa, scappò, e a Danyĕħl non
rimase altro che inseguirlo per tutta Castleshlie.
Mentre lo rincorreva, inavvertitamente, si scontrò con
un’innocente fanciulla ed entrambi caddero in terra.
La fanciulla, alquanto inviperita, si alzò velocemente e,
mentre si risistemava il velo che le copriva parte del volto, gli urlò contro:
«Ehi, straniero! Ma sono questi i modi? Contegno! Devo mica chiamare le
guardie?!»
Danyĕħl s’inchinò mortificato e si scusò all’istante per
lo spiacevole inconveniente dandole una mano a ripulirsi il vestito; e dopo
qualche momento d’imbarazzo, per farsi perdonare, la invitò a unirsi a lui
nella passeggiata. Così d’un tratto la ricerca dello spirito passò in secondo
piano.
«Sono Danyĕħl e vengo da Lifetown un villaggio a sud di
qui. Vogliate perdonarmi per averla importunata. Volete assaggiare un dolce
fatto in casa?»
«Vado matta per i dolci…» rispose la ragazza.
Durante quel breve tragitto per raggiungere la bancarella
della vecchietta, fu la fanciulla a rompere l’imbarazzante silenzio che si era
creato: «Fin da bambina adoro gironzolare per le tende del bazar. Ma in questi
giorni è diventato quasi un incubo: c’è troppa gente! Ma dimmi, come mai sei
qui?»
«Sono giorni che ho una strana sensazione, qualcosa
dentro di me mi diceva che dovevo partecipare ai riti per l’anello di luce.»
«Interessante…»
«La parte interessante è che da quando sono qui, ho visto
uno spirito che mi segue…»
«Davvero!?» esclamò meravigliata, «Sei un potente
stregone?»
«Oh no, lady. Non sono uno stregone o una creatura
magica, ma… un semplice contadino.»
«Se vuoi, lo cerchiamo insieme…» propose la ragazza.
«Non c’è bisogno. Sicuramente mi troverà lui di nuovo,
credo.»
Si fecero largo tra la calca, in una via stretta e
piccola per cercare di sbucare in una delle grandi vie della città, dove
c’erano tanti carretti per il cibo.
«Guarda! Guarda!» disse la fanciulla, indicando a Danyĕħl
un carretto nel quale un vecchietto rugoso stava facendo arrostire della carne
e delle spezie sulla pietra arroventata.
«Il carretto con la carne?» rispose scosso il ragazzo.
«Sì sì, proprio quello. Quella è la migliore carne di
tutta Castleshlie. Molto meglio dei dolci.»
La fanciulla pregò il ragazzo di assaggiare con lei la
bistecca, e a Danyĕħl non risultò difficile dire di sì.
«La carne è buona, ma ha un gusto diverso da quella che
mangio al mio villaggio.» rilevò Danyĕħl dopo un paio di morsi.
«È la mia specialità, faccio queste bistecche con la
carne di cavallo» spiegò l’anziano signore, «mentre le spezie le faccio venire
dal marcato di Lyra.»
«Ah… capito…» e sul volto di Danyĕħl comparve una leggera
delusione.
Questo strappò alla ragazza una rapida risata.
«E tu non ridere… non ho mai mangiato carne di cavallo.»
le disse, poi fece un timido sorriso.
«Vi offro un vino rosso o una birra?» domandò ancora il
vecchietto, «Ho tutti i tipi di vini: dolce per la signora, forte e robusto per
lei, signore. Una bottiglia? Una coppa o solo un assaggio?»
«La ringrazio, ma è meglio di no. Già vedo gli spiriti da
sobrio, figuriamoci dopo aver bevuto il vostro vino.»
Entrambi i ragazzi si guardarono negli occhi e
scoppiarono a ridere.
Dopo aver mangiato, girovagarono per buona parte della
giornata. La ragazza vide una bancarella con tanti splendidi mantelli e
convinse Danyĕħl a fare da modello perché doveva comprarne uno per fare un
regalo. Entrambi comprarono il loro mantello, pagarono il mercante e andarono
via.
Girato un angolo, capitarono davanti a un porticato, dove
c’erano delle panche. Decisero di continuare lì la loro chiacchierata mentre si
riposarono.
«Oggi è stata una bella giornata, aveva ragione il mio
istinto, non mi sono mai divertito tanto. Ma ancora non so il vostro nome.»
domandò Danyĕħl.
«Vero, Danyĕħl, hai ragione. Non sono stata del tutto
sincera con te. Ti ringrazio per avermi fatto questa domanda solo a fine
giornata.»
Danyĕħl si voltò verso di lei con aria perplessa e
preoccupata.
«Mi chiamo Ŷesĩm e sono la Principessa di Castleshlie.»
A queste parole la guardò negli occhi con un’espressione
scioccata e quando capì che la ragazza non mentiva, scattò in piedi dinnanzi a
lei e poi si inginocchiò chiedendo perdono: «Principessa! Perdonatemi.»
La Principessa si alzò dalla panca, lo prese per la
maglia cercando di tirarlo su con tutte le sue forze: «Danyĕħl, così mi stai
offendendo, ti stai comportando come tutti al palazzo. Ti prego, alzati e non
farmi scoprire dalle guardie.»
«Oh, per tutti gli spiriti, davvero sei scappata? E
perché?»
Ŷesĩm sospirò più volte: «Sono scappata dalle mie stanze
perché vorrei tanto assistere alla vita che c’è fuori. Mio padre, il re, non mi
permette di uscire senza scorta, soprattutto in questi giorni particolari.»
«Capisco, sei già scappata?» chiese dolcemente Danyĕħl.
«Sì, sono uscita dal castello molte volte, ma solo con te
mi sono divertita. Mi hai trattato come una tua amica, senza farmi sentire in
soggezione e per questo ti ringrazio.»
«Ho fatto poco o nulla, ti ho solo fatto cadere.»
«Ti chiedo di continuare sempre così, sarà il nostro
piccolo segreto, come due veri amici. Comportati come se fossi una contadina
come te! Mi raccomando.»
Danyĕħl acconsentì facendo un ampio gesto con la testa e
poi riprese a commentare i comportamenti dei passanti come se nulla fosse
accaduto.
Tra una risata e un’altra, si avvicinò il crepuscolo e
giunse l’ora di tornare alle proprie abitazioni. Si diedero appuntamento al
giorno seguente alla bancarella della carne per cercare insieme lo spirito.
Era notte fonda ormai, e Danyĕħl tornò di corsa a casa,
mentre le stelle spuntavano ad oriente. Appena arrivò sotto l’albero, vi entrò
in modo molto furtivo e silenzioso, arrampicandosi sui rami ed entrando dalla
finestra cercando in tutti i modi di evitare rumori molesti per non svegliare
tutta la sua famiglia. In punta di piedi si gettò subito nella sua stanza.
«Ålehx, svegliati!» sussurrò con voce delicata
all’orecchio del suo amico, che inizialmente fece finta di nulla e continuò a
dormire.
Ma quando Danyĕħl divenne più insistente, il leone si
girò dal lato opposto del letto.
«Shhhh!!! Zitto, fammi dormire!» borbottò in maniera
scocciata.
«Ti devo dire una cosa importante…» disse il ragazzo,
mentre lo strattonava.
Ålehx si alzò di soprassalto dal letto: «Ma sei
impazzito? È notte fonda!»
«No, non direi!! Anzi, ascoltami, è una cosa seria,
serissima!»
«Che hai combinato?»
«Ålehx, ho visto uno spirito, e per ben due volte! Com’è
possibile? Perché mi spiava?» disse Danyĕħl, mentre si metteva nel letto.
«Molto strano…» rispose Ålehx, «Credo sia un servo di una
strega o stregone molto potente. Forse hai visto quello spirito perché hai
delle reminiscenze di Sarnoron e dei suoi poteri. Però devo vedere con i miei
occhi e sentire con i miei sensi. Ma quando ci ritorni a Castleshlie?»
«Nooo! Ancora lui…» disse con voce triste, e per il
disappunto si nascose sotto le coperte e rimase in silenzio per qualche
instante, «Ci dovrei ritornare per la cerimonia finale.»
«Bene, verrò anch’io. Forse possiamo capire il vero
motivo per il quale sei stato scelto anni fa per salvare quello spirito
dell’est.»
«Perfetto! Buonanotte!»
«Notte…»
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